Sono arrivata in Ronzoni nel 2015.

Mio figlio Giovanni, il secondo, aveva poco più di sette mesi. Volevo più tempo per i miei figli, per me.

C’è una vacancy aperta in segreteria, ma non corrisponde alla tua esperienza professionale.

Eppure, io volevo quel posto: li ho convinti che si poteva fare.

Quando ho deciso di lasciare Manpower, ero responsabile di tutta la delivery, ricerca e formazione e coordinavo 25 persone.

Qui, erano in 13 a gestire il mio lavoro.

Mai avuto bisogno di una firma in calce a una e-mail per sentire riconosciuto il mio valore: non è quello che fai, ma come lo fai.

Posso fare qualsiasi cosa, basta che rispetti me stessa e i miei principi.

Ho scambiato il mio vecchio lavoro con del tempo per me. E andava bene così: era una mia scelta.

Io sono figlia unica.

Mio padre, figlio a sua volta di un minatore e laureatosi a forza di borse di studio, mi ha sempre ripetuto: tu devi bastare a te stessa, non devi dipendere da niente e da nessuno.

Mi ha insegnato il rispetto per il lavoro: direttore della produzione in una multinazionale dell’alluminio, non andava a casa se gli operai erano alle prese con una difficoltà.

Finito il liceo, ho voluto sperimentare: dalla piccola cittadina sarda in cui sono cresciuta, ho letteralmente preso il volo e sono andata a studiare a Roma.

Giurisprudenza.

Non c’è voluto molto per capire che non avrei fatto l’avvocato: non mi piaceva il ruolo ambivalente che poteva avere.

Per non deludere i miei genitori, sono andata avanti.

In cerca di autonomia, faccio uno stage in ricerca e selezione: 6 mesi che mi hanno cambiato la vita.

Mi piaceva da morire, così mi iscrivo a un master in risorse umane.

Per me, che adoro i puzzle, mettere in contatto le persone era come trovare il giusto incastro.

Mi veniva bene. Con le cose ci vuole pazienza e con le persone ci vuole ascolto: dentro di te devi fare spazio all’altro, liberando la mente da giudizi preconfezionati.

Dopo il master vengo assunta da Randstad, poi Manpower, dove rimango fino al 2015.

In Ronzoni ho fatto la segretaria per un anno e mezzo.

Poi succede che organizzo il primo convegno dello Studio con i clienti.

Poi succede ancora che il collega che si occupa di selezioni dà le dimissioni e mi propongono un ruolo in HR: io non lo avrei mai chiesto. Da allora ho cambiato ruolo.

Sono una persona serena e libera.

Faccio quello che faccio perché fortemente mi piace: non vorrei stare da nessun’altra parte.

Perché è certo: se voglio stare altrove, mi ci metto.

By Monica Murgia 

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