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Dignità: dalla contrattazione individuale alla Contrattazione di Prossimità

La Legge n. 96/2018 (di conversione del D.L. n. 87/2018 – c,d, “Decreto Dignità”) ha apportato alla disciplina del contratto a tempo determinato modifiche importanti.

In estrema sintesi la suindicata norma di legge ha:

  • ridotto la durata massima dei rapporti a termine da 36 a 24 mesi:
  • introdotto l’obbligo della causale a tutti i rapporti di durata complessiva superiori a 12 mesi;

ha delimitato le causali utilizzabili per apporre un termine ai rapporti di durata superiore ai 12 mesi (“esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività – esigenze di sostituzione di altri lavoratori – esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria”).

Queste modifiche rendono più arduo l’utilizzo della tipologia contrattuale, soprattutto in una realtà come la Vostra, aggiungendo limiti e vincoli alla disciplina previgente, che aveva già posto la problematica della % di contratti a termine stipulabili rispetto alla forza a tempo indeterminato e all’intervallo di tempo da rispettare tra un rapporto e l’altro (c.d. “stop and go”).

Nell’ordinamento italiano, peraltro, esistono strumenti che consentono di derogare alle norme di legge e, quindi, di rendere la normativa più aderente alle esigenze del datore di lavoro.

In alcuni casi è sufficiente la stipulazione di un’intesa aziendale, in altri è necessario sottoscrivere un accordo sindacale ai sensi dell’art. 8 della L. 148/2011, cioè un accordo di prossimità.

In entrambi i casi è necessario che il testo venga sottoscritto dalle OO.SS. più rappresentative (Cgil-Cisl-Uil).

La ratio di tali accordi è di regolare alcune materie, anche in deroga al CCNL e/o alla Legge, purché la stessa sia finalizzata al raggiungimento di determinati obiettivi, individuati dalla norma stessa. Tra le finalità suindicate c’è quella della “maggiore occupazione” che può essere sicuramente utilizzato per risolvere una serie di questioni riguardanti, appunto, la normazione del contratto a tempo determinato.

Nello specifico all’interno di tali accordi si potrebbe:

  • allungare i tempi di applicazione della Legge n, 96/2018 e quindi continuare ad utilizzare in toto la precedente disciplina legale per un determinato periodo;
  • individuare delle causali aggiuntive a quelle previste rigidamente dal legislatore;
  • incrementare il numero % di lavoratori a tempo determinato rispetto alla forza a tempo indeterminato;
  • stabilire una durata massima superiore ai 24 mesi;
  • ridurre i tempi di attesa da un contratto e l’altro;
  • individuare un perimetro più ampio dei 12 mesi per mantenere la causalità del rapporto.

In conclusione, condividere il tavolo con i sindacati, con i quali dovrà essere certamente concordata una strategia accenderà in Azienda un dibattito, su costi e benefici, emergeranno proposte nuove, si riceveranno richieste, alcune saranno e si potranno proporre soluzioni (ad esempio introducendo i buoni pasto oppure una liberalità), e con questo strumento si riuscirà a gestire al meglio le rigidità di una forma contrattuale che è indispensabile per la tipologia di attività in cui operate.

Articolo a cura del Dott. Andrea D’Alessio – Linkedin

Consulente del Lavoro